Con presentismo si indicano due idee imparentate ma distinte: in metafisica del tempo è la tesi secondo cui esistono solo gli eventi presenti; in storiografia e nelle scienze della cultura è la tendenza a valutare il passato attraverso le categorie, i valori e le urgenze del presente. Le due linee si sono sviluppate separatamente, ma condividono un terreno comune: la centralità dell’adesso come orizzonte di esperienza e di senso.
1) Antichità e Medioevo: il problema del “presente”
Già in Aristotele il νῦν segna il confine mobile tra passato e futuro: un punto senza estensione che tuttavia ordina il divenire. Gli Stoici accentuano la concretezza del momento presente come luogo della scelta e della virtù. Nel pensiero cristiano, Agostino lega il tempo alla coscienza: nei tre “presenti” — della memoria, dell’attenzione e dell’attesa — il passato e il futuro esistono solo come presenti dell’anima. Questa psicologizzazione del tempo prepara un’idea forte del presente senza però negare l’essere del passato e del futuro nel disegno provvidenziale.
2) Età moderna: storia, soggettività, decisione
La modernità introduce due movimenti opposti. Da un lato la fisica matematizza il tempo (da Newton a Leibniz), rendendolo misurabile e uniforme; dall’altro, la filosofia pratica sottolinea l’urgenza del decidere ora. Con Vico, il passato è intellegibile perché fatto dagli uomini; con la storiografia romantica e poi idealista, il presente diventa chiave d’accesso al significato storico. Croce lo formula con chiarezza: ogni vera storia è “contemporanea”, perché nasce da interessi vivi del presente. Qui il presentismo storiografico riceve la sua prima legittimazione filosofica.
3) Il presentismo metafisico contemporaneo
Nel Novecento la discussione ontologica si riorganizza: McTaggart distingue tra serie temporale A (passato-presente-futuro) e B (prima-dopo), riaprendo il dibattito sullo statuto del presente. Arthur Prior sviluppa la logica dei tempi verbali e offre strumenti formali per difendere il presentismo: esistono solo gli enti presenti; il passato e il futuro sono modi d’enunciazione, non domini di oggetti. La relatività di Einstein sfida questa posizione (manca un “presente” universale), generando repliche: presentismo con cornici di riferimento privilegiate, presentismo “relativizzato” o strategie semantiche che limitano l’impegno ontologico. La disputa rimane aperta e mostra il legame fra metafisica del tempo e scienza.
4) Il presentismo nella storiografia e nelle scienze umane
La riflessione storica del XX secolo intreccia critica e rilancio del presentismo. Nietzsche aveva messo in guardia dagli usi vitali (e distruttivi) della storia; gli Annales spostano l’attenzione dalla cronaca degli eventi alla longue durée, ridimensionando il primato dell’immediato. Koselleck studia i mutamenti nelle “esperienze del tempo” moderni (accelerazione, apertura al futuro), mentre Benjamin carica il presente di lampi messianici (Jetztzeit). Con la nozione di “regimi di storicità” proposta in età più recente, si parla di una fase culturale in cui il presente tende a saturare l’orizzonte, indebolendo tanto la memoria quanto l’attesa del nuovo. In parallelo, la mass-mediologia e la sociologia dell’accelerazione mostrano come tecnologie, mercato e governance a breve termine incentivino un’attenzione permanente al tempo reale.
5) Mediazioni fenomenologiche
La fenomenologia offre un ponte fra le due accezioni. In Husserl il flusso del presente è strutturato da ritenzione (traccia del passato) e protensione (attesa del prossimo), mentre in Bergson la durata è un presente spesso disteso, qualitativo, che resiste alla spazializzazione. Queste analisi spiegano come il “presente” sia al tempo stesso punto d’urto degli eventi e tessuto di continuità: un correttivo sia all’istante puntiforme della fisica sia alle semplificazioni moralistiche della storiografia.
6) Critiche e difese
- Obiezioni metafisiche: il presentismo sembrerebbe incompatibile con la relatività e incapace di fondare verità su eventi passati (ad esempio: “Cesare fu assassinato”). Le risposte invocano semantiche tensionali o ontologie sottili (proprietà passate, verità dipendenti da tracce presenti).
- Obiezioni storiografiche: il presentismo favorisce l’anacronismo e il moralismo retroattivo. I difensori ribattono che ogni storia nasce da domande presenti e che il problema non è l’interesse attuale, ma il metodo: consapevolezza degli scarti, contestualizzazione, pluralità di voci.
- Questione etico-politica: la “tirannia del presente” rischia di schiacciare memoria e progetto. Antidoti proposti: educazione storica come esercizio di distanza, istituzioni che allungano l’orizzonte (tutela intergenerazionale, bilanci di lungo periodo), cura delle memorie plurali.
7) Una genealogia in sintesi
- Griglia antica: il presente come soglia logica del divenire (Aristotele, Stoici).
- Svolta agostiniana: il tempo radicato nella coscienza (memoria-attenzione-attesa).
- Moderni e idealisti: comprensione storica guidata da interessi del presente (Vico, Croce).
- Novecento metafisico: A-/B-series, logiche tensionali, confronto con la fisica (McTaggart, Prior).
- Novecento storiografico: critica dell’immediatezza e nuovi regimi di storicità (Nietzsche, Annales, Koselleck, letture del “presentismo”).
- Fenomenologia e durata: strutture del vissuto che articolano il presente senza assolutizzarlo (Husserl, Bergson).
Conclusione
Le radici del presentismo mostrano che il primato dell’adesso non nasce da un capriccio della nostra epoca, ma dalla tensione costante tra esperienza, conoscenza e decisione. La sfida teorica è evitare sia l’eterno presente che cancella memoria e progetto, sia l’astrazione che dissolve l’urgenza del vivere. Una filosofia del tempo e una cultura storica mature riconoscono al presente il suo ruolo guida, ma lo disciplinano con distanza critica verso il passato e responsabilità verso il futuro.