Frate, medico e scrittore del Rinascimento francese, François Rabelais (ca. 1494–1553) è una delle voci più originali dell’umanesimo europeo. La sua prosa libera e colta, nutrita di filologia, medicina, diritto, teologia e cultura comica popolare, apre la via a un’idea di romanzo come laboratorio del sapere e della libertà. La sua estetica del riso non è evasione ma metodo critico: smonta i dogmi, decostruisce i pregiudizi, rimette il corpo e l’esperienza al centro della conoscenza.
Il ciclo di Gargantua e Pantagruele
L’opera maggiore di Rabelais è il ciclo romanzesco di Pantagruel (1532), Gargantua (1534–35), Tiers Livre (1546), Quart Livre (1552) e il Cinquième Livre (pubblicato postumo nel 1564, d’autenticità discussa). Il filo conduttore è la storia, satirica e sapienziale, di due giganti padre e figlio e della loro cerchia di compagni, in un mondo dove l’erudizione si mescola al carnevale.
- Pantagruel: presenta il gigante omonimo e il suo scudiero Panurge; parodia dei generi scolastici e cavallereschi, già intrisa di umanesimo e comicità verbale.
- Gargantua: educazione del giovane gigante, guerra contro Picrochole, fondazione dell’abbazia di Thélème, utopia anti-monastica che valorizza la libertà.
- Tiers Livre: grande dialogo sul matrimonio di Panurge e sull’arte del consulto: giuristi, medici, filosofi, indovini e oracoli vengono messi alla prova.
- Quart Livre: viaggio marittimo allegorico tra isole-paradosso; satira di fanatismi, formalismi giuridici, superstizioni e poteri arbitrari.
- Cinquième Livre: prosegue il viaggio, fino all’Oracolo della Dite-bouteille; tono più cupo, probabili rimaneggiamenti postumi.
Stile: il riso, la lingua, il corpo
Rabelais scrive in un francese elastico e inventivo: archi di periodo classici convivono con elenchi torrenziali, neologismi, giochi di parole, plurilinguismo (dal latino ai dialetti), cadenze orali. Il suo è un realismo grottesco: il corpo, il cibo, i bisogni fisiologici diventano strumenti conoscitivi, non meri bersagli di scherno. L’alto e il basso, l’aulico e il triviale, non si escludono: si illuminano a vicenda. Da qui un lessico “rabelaisiano” passato in proverbio per indicare ampiezza di pancia e di immaginazione.
«Le rire est le propre de l’homme.»
Il riso, per Rabelais, è cifra antropologica: rende l’uomo capace di distanza critica, gli ricorda la finitezza e lo vaccina contro l’idolatria delle parole e dei sistemi.
Umanesimo militante e pedagogia
L’umanesimo rabelesiano è tutto tranne che accademico: chiede scuole aperte, studio delle lingue antiche, ginnastica e igiene accanto alla logica, viaggi e pratica al fianco dei libri. Nel capitolo sull’educazione di Gargantua, la giornata ideale alterna letture e esercizi, mens sana in corpore sano, laboratori e esperienza del mondo. Condivide con l’erasmismo l’avversione per il pedantismo scolastico e la teologia cavillosa; preferisce la chiarezza, la filologia, l’ironia come strumenti di riforma intellettuale.
Thélème: un’utopia della libertà
L’abbazia di Thélème rovescia il modello monastico. Non regole ferree, ma un unico precetto, affidato alla responsabilità personale:
«Fay ce que vouldras.»
La celebre formula non è licenza senza freni. Presuppone soggetti ben formati, capaci di autodisciplina, solidarietà e misura. Rabelais propone una libertà educativa, non anarchica: chi sa, sceglie bene; chi sceglie bene, non ha bisogno di imposizioni esterne.
Religione, satira e tolleranza
Prete secolare e poi medico, Rabelais pratica una religiosità evangelica e ironica. Critica superstizioni, formalismi, abusi del clero e della Sorbona, ma non la fede in quanto tale. La sua è una riforma dello spirito attraverso il ridicolo: sgonfiare i pompi, distinguere la carità dalla bigotteria, la Scrittura dall’uso ideologico. Per prudenza, spesso firma con pseudonimi (come Alcofribas Nasier, anagramma del suo nome), consapevole della censura del tempo.
Scienza, esperienza, anti-dogmatismo
Medico all’Hôtel-Dieu di Lyon, Rabelais rivendica la medicina sperimentale, il confronto con l’esperienza e la correzione dell’errore. Nel Tiers Livre smonta l’astrologia giudiziaria e i responsi oracolari quando pretendono infallibilità. Il sapere è dialogo, confutazione, prova. La forma-romanzo serve proprio a testare, in scena, saperi concorrenti e i loro effetti sulla vita.
L’arte del dialogo e la prova del viaggio
I libri rabelesiani sono una macchina di conversazioni: personaggi come Panurge incarnano l’ambivalenza del desiderio e dell’intelligenza, capaci di brillantezza sofistica e di autoinganno. Nel Quart Livre il viaggio tra isole allegoriche—dei giudici, dei mangiatori di vento, dei codicilli—funziona come una serie di esperimenti morali e politici: ad ogni approdo, un vizio istituzionale viene isolato, ingrandito e messo al ridicolo.
Linguaggio e libertà espressiva
La scrittura di Rabelais è un elogio della pienezza linguistica: il mondo è troppo ricco per essere ridotto a un vocabolario povero. Elenchi barocchi, sinonimie, accumulazioni, ibridazioni mostrano che il linguaggio è un bene comune, non proprietà di scuole o caste. Difendere il diritto al gioco linguistico significa difendere la libertà di pensiero.
Politica della misura
Dietro le iperboli comiche c’è un’etica sobria: l’elogio dell’educazione, della convivialità, della giustizia non arbitraria; la critica agli assolutismi, ai formalismi che divorano la sostanza, alle guerre di capriccio (la “guerra picrocholina”). Rabelais non propone un sistema politico chiuso, ma un metodo: esporre il potere al riso e alla ragione, perché nessuna autorità si assolutizzi.
Eredità
L’impronta di Rabelais attraversa i secoli: dal romanzo satirico inglese (Swift, Sterne) all’Illuminismo, fino alla modernità sperimentale (da Hugo a Joyce). Il suo modo di far pensare ridendo ha segnato teoria e critica (basti ricordare la nozione di “carnavalesco”), ma soprattutto ha offerto un modello di letteratura “enciclopedica” e dialogica, capace di abbracciare saperi diversi senza gerarchizzarli.
Perché leggerlo oggi
In un’epoca di semplificazioni e polarizzazioni, Rabelais ricorda che la verità è lavoro collettivo, prova, controprova, confronto civile; che il corpo e il riso non sono nemici del pensiero ma suoi alleati; che la libertà comincia dall’educazione e dalla lingua. Rileggere Gargantua e Pantagruele significa rimettere in circolo una convivialità critica: ridere per capire, capire per vivere meglio.